IL GIORNO DEL RICORDO 10 FEBBRAIO
Con la Legge 92 del 30 marzo 2004 veniva istituita in Italia la festa nazionale civile:
“Il giorno del ricordo”, in memoria di 5.000 Italiani circa vittime delle Foibe tra il 1943 e il 1947 e
dell’esodo dalle loro terre degli Istriani, dei Fiumani e dei Dalmati. L’Archivio nazionale dei diari di
Pieve Santo Stefano conserva numerose testimonianze di questo tragico evento e ci fa dono di una
pagina di ricordi di Corrado Varnier, nato a Trieste, il quale poco più che bambino nel 1945 assiste
all’invasione della città e all’inizio dei massacri.
“Forse erano le nove del mattino, quando m’affaccio alla finestra e guardo in direzione delle colline
delle cave Faccanoni, e del boschetto, il famoso bosco sopra S. Giovanni e che fiancheggia i
caseggiati di S. Luigi che ben si vedono dal nostro davanzale del secondo piano. I miei occhi sono
ancora lenti a percepire, non sono ben riposati. Certo, le notti passate per terra non hanno donato il
sonno ristoratore, e pesante, tipico dei fanciulli. Lentamente vado a stropicciarmi gli occhi, e cerco
di focalizzare quelle strane cose che vedo muovere lentamente, lungo il pendio del bosco. Ma come,
il bosco era una spianata colore ocra, lo vedo ogni giorno e più volte al giorno; insomma ogni
momento, quando m’affaccio al davanzale, vedo le colline, il bosco, il rione di S. Luigi. Il bosco e
una spianata… ma ora… che vuol dire… cosa sono quei cosi neri che si muovono qua e là… e a
volte si fermano. “Ma sono cresciuti i pini”, dico a mia madre, “sono ricresciuti i pini… ma come mai
si muovono? Vieni a vedere!” Nel contempo alcuni militi, appostati sulle finestre dell’ospedale
militare, insistono a sparare verso la Villa Giulia, e vedo i proiettili sfrecciare davanti alle mie
finestre. Mia madre s’affaccia, guarda… guarda a lungo… s’insospettisce e non dice niente… Dopo
un po’ si riprende come stordita dallo stupore e dice soltanto. “Andiamo via!” “Chiudiamo le
finestre!” “Mamma mia, cosa sara ora?” La gente per le scale s’interroga, si da coraggio, si consiglia.
C’è chi suggerisce di far finta di niente, tanto… Altri minacciano il peggio… Altri ancora incitano a
correre nuovamente nelle cantine, prendere gli averi con se, sbarrare le case. Nascondere ciò che
può essere compromettente. Nel giardino della casa si vanga la terra qua e la tra aiuole e vasi di
fiori, e qualcuno vi sotterra delle buste o degli astucci; anche la mia uniforme di figlio della lupa
finisce sotto terra. Quelli sono i partigiani, sono gli slavi comunisti di Tito. […] L’armata yugoslava
ha preso possesso della citta […] i componenti del CLN, volontari giuliani, che hanno dato corso
all’insurrezione della città qualche giorno prima sono disarmati, esautorati, in parte arrestati, e
cacciati. Devono tornare nella clandestinità. La citta assiste indifesa a un drastico cambiamento di
vita. Direttive, comunicati di vario genere, per lo più ingiunzioni, ordinanze e minacce. Tutti
indistintamente, se militari o partigiani di diverso stampo politico, devono presentarsi per
consegnare le armi. In citta regna una gran confusione, mentre i militari titini pattugliano tutte le
strade; vengono organizzate imponenti manifestazioni, con gran sventolio di bandiere bianco rosso
blu e stella rossa. Una gran massa di persone in abiti civili, per lo più popolazioni fatte scendere dai
paesi dell’entroterra, sfilano scandendo slogan inneggianti al maresciallo Tito, l’eroe popolare che
ha portato alla vittoria il movimento comunista jugoslavo, a Stalin, il dittatore sovietico, alla città
di Trieste diventata jugoslava. […] Bisogna dar corso subito al processo di de-italianizzazione del
territorio, e iniziare subito quello di slovenizzazione e croatizzazione, che costringerà all’esodo,
sotto terrore e minacce, 350.000 istriani italiani. […] Scompaiono italiani, ma molti anche slavi e
croati di estrazione cattolica, liberale, democratica. E corrono i camion su per la via Fabio Severo,
carichi di uomini, di giovani che gridano, scortati da armati.
Anna Maria Di Biase_____
Nota: Chi volesse approfondire, può leggere il libro “Quando la mia mente cominciò a ricordare”
di Margherita Ianelli, Edizione il Mulino 2015, Collana “Storie Italiane”.